Pisuli, bastoncini di legno alla buona, pietruzze… come giochi

I pisuli

Ci sono pezzi di memoria che rimangono indelebili, incancellabili, provengono dalle esperienze fanciullesche e diventano luce sul passato e sul presente. Il gioco, come massima espressione della creatività umana, attraverso un niente diventa allegrezza di fanciulli. E’ questo che l’artista Gaetano Profeta ci restituisce nella serie delle opere dedicate ai giochi di un tempo, quando negli anni ’70 era considerato un lusso possedere un giocattolo. I fanciulli di allora non si arrendevano al niente, anzi scorazzare per le strade dei piccoli centri siciliani, spazio autentico di formazione, poteva diventare non solo occasione di monelleria sfrontata, ma anche di ricerca di svago attraverso materiali semplici e raccattati negli spazi aperti. A sera i fanciulli, rientrati a casa, si ritrovavano con qualche macchia di fango sui calzoni o con un bernoccolo sulla fronte, con un piccolo taglio sulla mano o le ginocchia sbucciate, ma erano resi più autenticamente umani dall’avere incontrato gli altri nel gioco.
Non è azzardato affermare che quei giochi costituivano una palestra al vivere insieme in società. Questo il messaggio in filigrana visibile nelle opere di Profeta, che al contempo ricostruisce artisticamente un paesaggio “urbano” di Belmonte ormai scomparso o sfregiato dall’incuria e dal cemento, ma reso vivido e plastico dalla fantasmagoria dei colori e dall’intersecazione dei movimenti umani con porzioni dello spazio rappresentato; da quegli spazi, che costituiscono la cornice storico-architettonica dei quadri, risuonano ancora gli echi festosi dei fanciulli, gli schiamazzi e persino la luce di quelle giornate ludiche relegate nel pozzo della memoria personale, eppure ancora vive per chi, silenziosamente, si pone in atteggiamento meditativo di fronte a un pezzo di storia restituitoci dai colori e dalla tecnica compositiva di Profeta. Lo stesso atteggiamento meditativo del fanciullo, ritratto nell’opera “Il gioco dei cerchi”, che osserva pensoso dei ragazzi, mentre guidano a buon fine i loro cerchi. Cerchi della memoria personale e collettiva, che diventano per il fruitore/osservatore percorso di storia in sé e intorno a sé.

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